Motori: la spirale dei dazi sulle auto. Un calo di 50 mila auto si tradurrebbe in 3 mila occupati in meno

«Ogni mille veicoli in meno venduti significano un posto di lavoro perso tra i concessionari
MILANO – Le nuove misure protezionistiche adottate dagli Stati Uniti, e in particolare i dazi imposti dal presidente Donald Trump, sollevano forti preoccupazioni in Europa, soprattutto nel settore dell’automotive. A farsi portavoce dell’allarme è stato il presidente di Federauto, Massimo Artusi, che ha richiamato l’attenzione sulla necessità di risposte pragmatiche da parte dell’Europa e dell’Italia, in un momento in cui il comparto automobilistico europeo si trova già sotto pressione a causa di una transizione ambientale giudicata troppo ideologica e poco ancorata alla realtà economica e industriale.
Secondo Artusi, i dazi colpiranno in modo trasversale tutti i paesi esportatori verso gli USA, ma a soffrirne maggiormente sarà l’industria automobilistica europea, già indebolita da normative ambientali ritenute poco realistiche. «Le guerre commerciali non producono vincitori – ha spiegato – ma solo conseguenze nefaste: rallentamento della produzione, aumento dell’inflazione, distorsione dei mercati e ricadute occupazionali pesanti».
Il presidente di Federauto ha poi descritto le molteplici ripercussioni negative attese per il settore: dalle auto europee esportate negli Stati Uniti, a quelle costruite in loco da produttori del Vecchio Continente, fino a quelle americane che integrano componentistica europea. Il danno, ha sottolineato, si estende anche alla logistica, che verrà inevitabilmente complicata e resa più costosa. E proprio i primi segnali arrivati dalle borse mondiali dimostrano, con evidenza drammatica, quanto le misure adottate non siano state ben accolte.
Artusi si è augurato che l’Unione europea sappia ora rispondere in modo coeso e deciso, disinnescando quella che definisce «una spirale perversa di dazi incrociati». La via da percorrere, secondo il numero uno di Federauto, è quella di un’intesa che punti a un accordo di libero scambio o a un contenimento delle imposizioni tariffarie, supportato da misure alternative come la revisione degli obiettivi del Green Deal, affinché la competitività dell’industria automobilistica europea venga preservata e il consumatore torni al centro delle politiche di settore.
Alle sue parole si è aggiunta la voce del vicepresidente Plinio Vanini, che ha posto l’attenzione sulle gravi ricadute occupazionali per il comparto della distribuzione. «Ogni mille veicoli in meno venduti», ha affermato, «significano un posto di lavoro perso tra i concessionari. Un calo di 50 mila auto si tradurrebbe in 3 mila occupati in meno, un colpo durissimo per una rete che già oggi soffre la stretta imposta dalla trasformazione dell’attuale modello distributivo e dalle normative della transizione ecologica».