Gravina rieletto nonostante i clamorosi fallimenti. Il calcio italiano ostaggio dei dinosauri

13 febbraio 2025 | 09:37
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Gravina rieletto nonostante i clamorosi fallimenti. Il calcio italiano ostaggio dei dinosauri

L’ennesima rielezione di Gabriele Gravina alla guida della FIGC, senza avversari e con una percentuale da regime, è l’ennesima conferma di un sistema incapace di autoriformarsi.

MILANO – Gabriele Gravina è stato confermato presidente della FIGC per il terzo mandato consecutivo. Candidato unico, ha ottenuto il 98,68% dei voti nell’assemblea elettiva tenutasi in un hotel di Roma. Su 274 delegati aventi diritto, hanno votato in 256, con un sistema di pesi diverso dal passato, dopo la modifica dello statuto federale approvata a novembre. La Serie A ha inciso per il 18%, la Serie B per il 6%, la Lega Pro per il 12%, la LND per il 34%, mentre atleti e allenatori hanno avuto rispettivamente il 20% e il 10%. Per la prima volta, gli arbitri non hanno partecipato alla votazione.

Il percorso di Gravina

Gabriele Gravina fu eletto per la prima volta il 22 ottobre 2019, dopo il commissariamento della FIGC, con il 97,2% dei voti. Nel 2021 venne riconfermato con il 73,45%, battendo Cosimo Sibilia.

Le parole del presidente

Nel suo discorso prima della votazione, Gravina ha chiesto ai delegati di rinnovargli la fiducia per proseguire il percorso di cambiamento e unità della federazione:

“Vivo nel calcio da 40 anni, ho conosciuto vittorie e sconfitte, ma ho sempre creduto nella forza di questo sport. Il calcio è un elemento fondamentale della società italiana, un motore di passione e coesione. In questi anni abbiamo affrontato sfide enormi, prima fra tutte la pandemia, riuscendo a salvaguardare il sistema calcistico nazionale. Abbiamo promosso trasparenza, sostenibilità economica e riforme per modernizzare il nostro calcio. Ora vogliamo continuare a innovare, rendendolo più efficiente, responsabile e inclusivo, libero da violenza e discriminazioni. L’unità ci ha permesso di superare attacchi e menzogne, smascherando tranelli e calunnie. Insieme, continueremo a cambiare.”

Con questo nuovo mandato, Gravina si prepara a guidare il calcio italiano fino al 2028, con l’obiettivo di consolidare le riforme avviate e affrontare le nuove sfide del panorama internazionale.

Calcio italiano: un declino senza fine?

L’ennesima rielezione di Gabriele Gravina alla guida della FIGC, senza avversari e con una percentuale da regime, è l’ennesima conferma di un sistema incapace di autoriformarsi. Il calcio italiano, un tempo orgoglioso protagonista sul palcoscenico mondiale, si trova oggi in una spirale discendente, dove la mancata qualificazione a due Mondiali consecutivi (2018 e 2022) non sembra aver prodotto alcuna riflessione seria sulle cause del disastro.

Un sistema vecchio e autoreferenziale

Il problema principale è la gestione di una federazione ancorata al passato, guidata da dirigenti più attenti agli equilibri politici interni che allo sviluppo del movimento calcistico. Le riforme strutturali necessarie per rilanciare il calcio italiano vengono annunciate e poi regolarmente insabbiate. Il risultato? Un campionato che fatica a rinnovarsi, settori giovanili trascurati e un modello di business obsoleto rispetto alle grandi potenze europee.

Dove sono i giovani?

Uno degli aspetti più preoccupanti è la scarsa valorizzazione dei giovani talenti. Mentre in Spagna, Francia, Germania e Inghilterra i vivai producono costantemente giocatori pronti per il salto in prima squadra, in Italia i giovani continuano a essere considerati un rischio. Gli allenatori preferiscono affidarsi a giocatori esperti e la Serie A è sempre più un rifugio per calciatori stranieri a fine carriera.

Non è un caso che nelle partite decisive per la qualificazione al Mondiale, l’Italia abbia schierato formazioni con una media età troppo alta e senza un vero ricambio generazionale. Se una nazionale come la nostra non riesce più a produrre talenti all’altezza, significa che il sistema è malato.

Stadi fatiscenti e un calcio senza futuro

Altro grande problema è l’inadeguatezza delle infrastrutture. Mentre in Inghilterra, Spagna e Germania gli investimenti negli stadi hanno reso il calcio un’industria moderna e attrattiva, in Italia si gioca ancora in impianti vecchi, spesso semi-vuoti, con una mentalità da anni ’90. Le società, invece di investire in strutture all’avanguardia, continuano a vivere di diritti televisivi e plusvalenze, senza una vera strategia a lungo termine.

Qual è la soluzione?

Servirebbe un cambiamento radicale, con dirigenti che abbiano una visione innovativa e il coraggio di attuare riforme profonde. Ma la rielezione senza opposizione di Gravina dimostra che il sistema è blindato e che la volontà di cambiamento è nulla.

Nel frattempo, mentre il mondo del calcio evolve, l’Italia resta indietro, condannata a ripetere gli stessi errori. Se non si interviene subito con una riforma seria e coraggiosa, il nostro calcio rischia di diventare irrilevante, non solo a livello mondiale, ma anche europeo. E se qualcuno pensa che vincere un Europeo ogni vent’anni possa bastare, farebbe bene a guardare la realtà: il calcio italiano è in declino e nessuno sembra volerlo fermare.