Diventare un calciatore di serie A, un sogno ormai irrealizzabile, o quasi!
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Il ragazzino italiano che sogna San Siro non deve solo battere i suoi coetanei, ma anche i migliori giovani brasiliani, argentini, africani ed europei in cerca di gloria
MILANO – Nel grande mare delle illusioni sportive, il sogno di diventare calciatore professionista brilla come un miraggio per migliaia di ragazzini che rincorrono un pallone nei campi di periferia. Ma la statistica, impietosa come un marcatore arcigno, racconta una verità meno romantica: arrivare in Serie A è un’impresa titanica, degna dei più temerari.
Ogni anno in Italia, migliaia di giovani iniziano il percorso nelle giovanili delle squadre professionistiche. Di questi, solo una frazione infinitesimale giungerà al calcio che conta. Si stima che meno dell’1% dei giovani calciatori che militano nei settori giovanili riesca a debuttare in Serie A. Numeri che sanciscono la crudezza della selezione naturale nel calcio moderno: un imbuto strettissimo dove talento, sacrificio e fortuna devono intrecciarsi in una sinergia perfetta.
Il paragone con l’NBA, il tempio mondiale della pallacanestro, rende il quadro ancora più chiaro. Negli Stati Uniti, milioni di ragazzi affollano i playground sognando il Madison Square Garden o la Crypto.com Arena. Ogni anno, circa 500.000 studenti giocano a basket nei licei americani, ma solo 18.000 di loro passano al livello universitario NCAA. Da qui, appena 60 vengono selezionati nel Draft NBA, e solo una manciata avrà una carriera stabile nella lega. In termini percentuali, si parla di un tasso di successo vicino allo 0,03%.
Eppure, se il sogno NBA è una lotteria quasi impossibile, quello della Serie A non è meno spietato. Anzi, il calcio europeo impone un altro livello di selezione: si può emergere anche senza passare dal Draft, ma le competenze richieste sono altrettanto esclusive. L’elasticità tattica, la resistenza alla pressione mediatica, la tenacia nel lottare per un posto da titolare, tutto concorre a separare il campione dall’eterna promessa.
A rendere ancor più feroce la competizione nel calcio vi è la globalizzazione: se un tempo il serbatoio della Serie A attingeva principalmente da talenti nostrani, oggi la concorrenza arriva da ogni angolo del pianeta. Il ragazzino italiano che sogna San Siro non deve solo battere i suoi coetanei, ma anche i migliori giovani brasiliani, argentini, africani ed europei in cerca di gloria.
Basti pensare che oggi, in Serie A, gli italiani rappresentano meno del 40% dei giocatori. Negli anni ‘90 la proporzione era rovesciata, con il 70% di italiani e una selezione limitata di stranieri che davvero facevano la differenza.
Il talento, insomma, non basta. Serve carattere, fortuna, una tempra di ferro e un fisico che regga la pressione. E alla fine, anche i più forti devono convivere con l’idea che il sogno potrebbe sfumare in un soffio. Ma proprio in questo sta la bellezza dello sport: il campo non mente mai. E chi arriva in cima, spesso, ha lottato più di tutti.