La Supercoppa Italiana in Arabia Saudita: quando il calcio vende l’anima al miglior offerente
Svendiamo la nostra identità, ignoriamo i nostri tifosi, e allontaniamo le nuove generazioni, incapaci di ritrovarsi in uno sport che sembra appartenere più agli sponsor e ai regimi autocratici che a loro
RIYAD – La Supercoppa Italiana, quella che dovrebbe essere la celebrazione del calcio nostrano, riparte da un palcoscenico lontano, troppo lontano: Riyad, Arabia Saudita. Ancora una volta, il nostro calcio si prostituisce al denaro, tradendo il suo spirito, le sue radici, e – perché no? – i suoi tifosi.
Una scelta che grida scandalo
Diciamolo senza giri di parole: l’accordo stipulato nel 2018 tra la Lega Serie A e l’Arabia Saudita, rinnovato e ampliato con cifre che oscillano tra il generoso e il vergognoso, è l’ennesima dimostrazione di come i vertici del calcio italiano siano più interessati a inseguire i petrodollari che a preservare la dignità dello sport. Il montepremi di 24 milioni di euro brilla come un miraggio, ma a quale costo?
Tifosi traditi e valori calpestati
In un calendario già saturo, spostare quattro delle migliori squadre italiane a migliaia di chilometri di distanza significa imporre ai tifosi di seguire la loro passione da uno schermo, spesso in orari improbabili. Si parla di “esportare il brand” e di “espansione nei mercati emergenti”, ma la verità è che questo calcio sempre più globalizzato si dimentica delle sue radici.
Il paradosso delle date
Le semifinali di oggi e domani, insieme alla finale, hanno costretto la Serie A a rivedere il proprio calendario, accumulando impegni e congestionando le squadre con ulteriori spostamenti e partite da recuperare. Come se non bastasse, questo torneo invernale si colloca in un periodo in cui i club sono già alle prese con preparazione fisica, mercato di gennaio e competizioni europee.
Un modello imposto, non scelto
L’adozione del format “Final Four”, sul modello della Supercoppa spagnola, è un altro segnale di come il nostro calcio si pieghi a logiche che non gli appartengono. Perché snaturare una competizione storica, nata per celebrare il campione della Serie A contro il vincitore della Coppa Italia? Il nuovo format è un espediente per moltiplicare le partite e, ovviamente, gli incassi, ma al prezzo di svalutare il prestigio della competizione.
L’ombra di un sistema ipocrita
L’Arabia Saudita investe nello sport per ripulire la propria immagine internazionale, una strategia che molti chiamano “sportswashing”. Eppure, il calcio italiano si presta volentieri a questo gioco, chiudendo un occhio – anzi, tutti e due – sulle gravi questioni dei diritti umani e sulle disuguaglianze che persistono in quel Paese.
Un futuro cupo per il calcio italiano
Continuiamo così: svendiamo la nostra identità, ignoriamo i nostri tifosi, e allontaniamo le nuove generazioni, incapaci di ritrovarsi in uno sport che sembra appartenere più agli sponsor e ai regimi autocratici che a loro. Quando la Supercoppa Italiana tornerà nei nostri stadi, sarà forse troppo tardi per salvare ciò che di autentico resta del calcio italiano.
A voi piace questa deriva? A noi, no.
Non sappiamo neppure come si possa esultare dinnanzi ad una vittoria in una competizioni FINTA in uno stadio silenzioso, dinnanzi a persone che non sanno neppure cosa sia questo gioco. Game Over caro calcio italiano.