Ci servono davvero le piste ciclabili in città?
Le piste ciclabili: un’illusione di sicurezza che mette a rischio tutti
LEGNANO – L’agenda green va avanti spedita fra stanziamenti miliardari e città ostaggio di cervellotiche scelte ambientali senza nè capo nè coda: zone a 30kmh, piste ciclabili che invadono corsie togliendo parcheggi e spazi, targhe alterne, ztl estese, zone di divieto per le auto euro 6 e via dicendo.
Negli ultimi anni, l’Italia ha visto un’espansione senza precedenti delle piste ciclabili. Sulla carta, un grande passo avanti per la mobilità sostenibile, ma nella realtà le cose sono molto diverse. Più che garantire sicurezza ai ciclisti e ai monopattinisti, queste infrastrutture hanno spesso creato nuovi problemi, mettendo in pericolo tutti gli utenti della strada.
Un boom di biciclette e monopattini senza criterio
Con circa 800.000 monopattini in circolazione e un numero incalcolabile di biciclette, il traffico urbano sta vivendo una trasformazione radicale. I bonus mobilità e le incentivazioni statali hanno solo accelerato questo fenomeno, senza però prevedere un’adeguata progettazione delle infrastrutture necessarie per gestire tale cambiamento. Le piste ciclabili sono spuntate ovunque, ma sono davvero utili o si tratta solo di un maquillage urbanistico che ignora la realtà del traffico?
Piste ciclabili pericolose e mal progettate
Non basta tracciare una linea per terra e chiamarla “pista ciclabile”. In molte città italiane, queste corsie sono state realizzate senza criterio: curve a gomito che costringono ciclisti e monopattinisti a rientrare bruscamente nella carreggiata, incroci pericolosi e passi carrabili che espongono i ciclisti a continui rischi. Non sorprende che il numero di incidenti sia in costante aumento.
A tutto questo si aggiunge la scarsa conoscenza delle nuove regole del Codice della Strada. Molti automobilisti ignorano concetti come la “casa avanzata” o il “doppio senso ciclabile” e finiscono per invadere le corsie riservate a biciclette e monopattini. Ma anche tra gli utenti della micromobilità l’anarchia regna sovrana: ciclisti che ignorano i semafori, monopattinisti che sfrecciano sui marciapiedi. Un caos che trasforma le strade in un campo di battaglia.
Di chi è la colpa?
Automobilisti, ciclisti, pedoni: ognuno ha la sua versione dei fatti. Gli automobilisti accusano le biciclette e i monopattini di invadere la carreggiata senza rispetto delle regole; i ciclisti si lamentano delle auto parcheggiate sulle piste ciclabili o del mancato rispetto delle distanze di sicurezza. Nel frattempo, la realtà è che nessuno si sente sicuro. Il risultato? Una guerra stradale quotidiana dove tutti si sentono vittime e carnefici allo stesso tempo.
Solo a settembre, si sono registrati numerosi incidenti gravi che hanno coinvolto ciclisti e monopattinisti, con una media di almeno due al giorno. Milano è l’epicentro di questo disastro, ma il problema si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Italia, di pari passo con la proliferazione selvaggia delle piste ciclabili.
Non servono più piste ciclabili, serve educazione stradale
Il vero problema non è la mancanza di infrastrutture, ma la totale assenza di un piano educativo per chi le utilizza. Non serve incentivare la vendita di biciclette e monopattini se poi gli utenti non sanno come usarli in sicurezza. Non basta tracciare piste ciclabili se poi vengono sistematicamente invase dalle auto o finiscono nel nulla senza una logica.
Le forze dell’ordine chiudono spesso un occhio di fronte alle infrazioni, sia degli automobilisti sia degli utenti della mobilità dolce. Il risultato è che chi sbaglia continua a sbagliare, aggravando una situazione già fuori controllo.
Se vogliamo davvero migliorare la sicurezza stradale, dobbiamo cambiare prospettiva. Serve una campagna di sensibilizzazione su larga scala, sanzioni più severe per chi non rispetta le regole e, soprattutto, un controllo costante del rispetto delle norme.
Fino a quando la sicurezza stradale rimarrà solo uno slogan e non una vera priorità, le nostre città continueranno a essere un incubo per tutti gli utenti della strada. E forse, prima di tracciare nuove piste ciclabili, sarebbe meglio insegnare a tutti come si percorrono quelle già esistenti.
Ma quanto ci costa la pista ciclabile?
Il costo di realizzazione delle piste ciclabili in Italia varia notevolmente in base a diversi fattori, tra cui la tipologia del percorso, le caratteristiche del terreno e le infrastrutture necessarie. Secondo la Provincia autonoma di Trento, per tratti pianeggianti senza opere d’arte, il costo è di circa 250 €/metro lineare, mentre per tratti con opere di sostegno come terre armate o muri in cemento armato, il costo sale a circa 500 €/metro lineare.
A livello nazionale, i costi possono variare ulteriormente. Ad esempio, la Ciclovia del Garda prevede un investimento di 30 milioni di euro per 18 chilometri, corrispondente a circa 1.666.666 €/km, mentre la Ciclovia del Sole ha un costo stimato di 22,5 milioni di euro per 197 chilometri, pari a circa 114.213 €/km.
In media, il costo per la realizzazione di una pista ciclabile in sede protetta si aggira intorno ai 300.000 €/km, anche se in alcune città come Milano può raggiungere il milione di euro al chilometro.
È importante notare che questi valori sono indicativi e possono variare in base alle specifiche del progetto e alle condizioni locali.
Il Tratto da Castellanza a Legnano è un prolungamento di poco più di un chilometro con un investimento previsto di 630.000 euro, anch’esso parte del progetto “Move On”. Con quei soldi sarebbe possibile fare un campo ad 11 in sintetico o due campi a 7 di allenamento per i ragazzi o quelle società che non trovano posto per giocare a calcio. Oppure creare campi di pallavolo in sabbia, di basket, da bocce per gli anziani, attrezzatura da allenamento all’aria aperta e via discorrendo. Questo soltanto per un km. Immaginatevi i soldi spesi per tutte le altre piste ciclabili, che oltre all’opera comprendono una serie di espropri, tutti da pagare. Si troverebbero soldi per una nuova pista del Palio di Legnano, per campi di calcio in sintetico o erba, per una nuovo e decente palazzetto dello sport, per sistemare finalmente il Mari, per tutte quelle attività che oggi costringono una marea di persone a migrare lontano spendendo migliaia di euro.
Si tratta di scelte politiche, che però pesano come macigni sulla vita di ogni cittadino condizionandone inevitabilmente l’esistenza.