Addio ad un grande uomo, addio Sven

Sven-Goran Eriksson ci ha lasciato un messaggio semplice, ma profondo: «Non siate tristi, sorridete».

ROMA – Sven-Goran Eriksson, un nome che nel calcio è risuonato come una sinfonia svedese, è spirato questa mattina, lunedì 26 agosto, all’età di 76 anni. La sua vita, come quella di un cavaliere errante, si è conclusa nella quiete della sua dimora, circondato dall’affetto dei suoi cari. Aveva combattuto come un vero vichingo fino all’ultimo, affrontando con dignità un tumore spietato, il nemico invisibile che pochi mesi fa aveva annunciato al mondo intero.

Eriksson, il primo straniero a essere chiamato a guidare la nazionale inglese, ha impresso il suo nome nel marmo del calcio britannico. Il suo stile, disciplinato e metodico, contrastava con il carattere focoso dell’Inghilterra, ma proprio per questo divenne indimenticabile. Era giunto in Italia negli anni ’80, alla guida della Roma, dopo aver temprato il suo spirito sulle sponde del Tago, al Benfica. Non fu solo la Roma ad assaporare la sua arte; anche la Fiorentina e la Sampdoria ebbero l’onore di essere plasmate dalle sue mani. Ma fu con la Lazio che Eriksson raggiunse l’apice, portando a casa uno scudetto epico nella stagione 1999-2000.

Dopo aver conquistato cuori e titoli, il suo cammino lo portò in luoghi lontani, dall’Arabia alla Cina, fino alle terre esotiche della Thailandia. E non fu solo l’Europa a riconoscere il suo valore: guidò le nazionali di Costa d’Avorio, Messico e Filippine, come un navigatore che esplora nuovi mondi, portando con sé la saggezza del vecchio continente.

A gennaio, Eriksson, il vichingo dalle mille battaglie, rivelò la sua ultima sfida: un tumore in fase terminale. Disse, con la serenità di chi ha visto e vissuto tutto, di avere al massimo un anno di vita. Eppure, non si chiuse in se stesso. Visitò le sue vecchie conquiste, accolto come un re dalle folle di Lazio e Sampdoria. In Inghilterra realizzò un ultimo sogno, sedendo sulla panchina del Liverpool durante un incontro tra leggende.

Prima di congedarsi, Sven-Goran Eriksson ci ha lasciato un messaggio semplice, ma profondo: «Non siate tristi, sorridete». Un pensiero che risuona come l’ultima lezione di un maestro che ha vissuto ogni giorno con passione e umiltà. In un documentario pubblicato di recente, ha espresso gratitudine per tutto ciò che la vita gli ha offerto: «Grazie di tutto: allenatori, giocatori, pubblico. È stato fantastico. Vivete la vostra vita fino in fondo». Con una lucidità disarmante, ha riflettuto sulla fine, accettandola come parte della stessa vita che aveva abbracciato con tanto fervore.

Forse non tutti lo ricorderanno come un brav’uomo, ma lui ha sperato che almeno qualcuno lo facesse. E di certo, chi ha incrociato il suo cammino, non potrà mai dimenticare la forza e la serenità di questo uomo positivo, che ha affrontato la morte come l’ultima grande partita, con la stessa eleganza e compostezza che ha mostrato per tutta la vita.