Sport inclusivo, il percorso della famiglia di Stefano Formentin

Il ragazzo legnanese è la prova vivente che lo sport non ha ostacoli
LEGNANO – Il concetto di sport inclusivo si sta diffondendo sempre di più fra le associazioni sportive del territorio (e non solo). Si tratta della chiave di volta per far sì che anche i ragazzi con disabilità possano sfidare i loro limiti e immergersi in un ambiente diverso dal contesto familiare, intraprendendo un percorso sportivo che li aiuta a migliorare alcuni aspetti importanti della loro vita quotidiana. Costanza e sacrificio sono senz’altro le due parole d’ordine per le famiglie che prendono la decisione di iniziare questo tipo di percorso, ma ogni sforzo è ripagato dalla gioia e dalla soddisfazione di vedere il proprio figlio fare passi avanti in ambiti come, ad esempio, quello della socializzazione. È fondamentale affidarsi a un team serio e preparato, come molti di quelli che si possono trovare nell’Altomilanese.
Per approfondire questa importante tematica, ci siamo affidati all’esperienza che stanno vivendo Carlo e MariaFormentinRossoni e il loro figlio, Stefano, un ragazzo di 15 anni con diagnosi di autismo grave. I genitori hanno improntato la loro vita stabilendo piccoli obiettivi da raggiungere e hanno notato un enorme miglioramento in molti aspetti della vita di Stefano, proprio grazie alle attività inclusive che ha iniziato a svolgere fin da quando era piccolo.

“Intorno ai 2 anni e mezzo ha avuto la diagnosi di autismo. In Italia, all’epoca, non c’era niente che potesse soddisfare un’educazione in base alla sue necessità, quindi abbiamo deciso di andare in Perù, paese natale di mia moglie, e siamo stati là dieci anni” – ha raccontato Carlo Formentin Rossoni – “Fin dall’inizio, ci hanno insegnato che tutte le attività che faceva Stefano dovevano essere finalizzate a uno sviluppo a livello neurologico. Per questo è importante sottolineare che non importa se un figlio è bravo o meno in uno sport perché, ogni attività sportiva che può praticare, ha uno scopo ben preciso. Abbiamo organizzato la nostra vita familiare in tappe. Quando Stefano era più piccolo ci siamo focalizzati sull’apprendimento di tecniche che gli sarebbero servite per svilupparsi individualmente. Attività come lo skateboard, il nuoto e l’atletica leggera gli hanno permesso di potenziare punti di forza utili nella tappa successiva, quella della socializzazione”.
Quali sono state le prime attività che ha svolto?
“La vicinanza con gli Stati Uniti fa sì che in Perù ci siamo moltissime attività inclusive legate al mondo dell’arte e dello sport – ha proseguito la signora Maria – “Ha iniziato con lo skateboard, all’età di 6 anni, per poi fare surf, atletica e anche alcune attività circensi. Molte associazioni inclusive in Perù hanno professionisti di vari settori sportivi che decidono di mettersi a disposizione per aiutare i ragazzi con difficoltà” ha aggiunto.
“L’attività circense, che Stefano ha svolto per anni, gli ha permesso di migliorare lo sviluppo vestibolare, neurologico e potenziare i concetti di spazialità e sensorialità. Ci ha anche permesso di scoprire la sua grande passione per la musica, infatti suona il pianoforte” ha poi concluso il signor Formentin Rossoni, aggiungendo inoltre: “In Italia i genitori puntano molto sugli sport più popolari, probabilmente perché, conoscendoli anche loro, possono aiutare i propri figli. Gli sport meno noti però, sono più inclusivi, perché non ci sono molti frequentatori e anche il livello di competizione è più basso”.

Al vostro rientro in Italia, tre anni fa, avete notato dei progressi sul tema dell’inclusività?
“Ci ha sorpreso il fatto che ora ci siano molte attività per ragazzi autistici. Quando siamo partiti per il Perù eravamo piuttosto disillusi nel vedere che in Italia non c’era nulla di valido, per fortuna la situazione è cambiata enormemente. Ora stiamo puntando sull’aspetto della socializzazione, infatti Stefano ha cominciato a svolgere sport più di gruppo. Abbiamo iniziato a conoscere il karate, al Shorei Shobukan di Legnano, il baseball, con i Bulls di Rescaldina, ma anche skateboard a Pero e Nuoto alla NAM di Cerro Maggiore. Ci sorprende anche il fatto di aver sempre trovato maestri preparati e con ottima esperienza. L’atteggiamento nei confronti dell’autismo è molto migliorato in soli dieci anni” sostiene il signor Carlo.
“Stefano è molto coinvolto in tutte le attività che sta svolgendo, siamo molto contenti perché prima era molto più difficile per lui svolgere delle attività in gruppo. Il lavoro che è stato fatto sull’individuale, gli è servito per sapersi gestire in un contesto con più persone. Indubbiamente per lui è molto difficile anche perché il karate, ad esempio, richiede determinate capacità nel controllo dei movimenti e nella coordinazione, ma col tempo sta capendo che lo sport può essere un’arma per riuscire ad essere incluso in un gruppo” hanno proseguito.

“Quando siamo andati in Perù, Stefano era un bambino molto problematico da gestire. Il mio timore era quello che non riuscisse a parlare, come mi avevano detto inizialmente. Ora, oltre ad essere bilingue, è davvero migliorato moltissimo anche caratterialmente . E, fuori dal contesto sportivo, essendo molto appassionato di musica, è entrato a far parte del progetto creato dalla Fondazione Esagramma di Milano, dove fa musicoterapia orcherstrale in un gruppo insieme ad altre persone con differenti disabilità” ha aggiunto la signora Formentin Rossoni.
Quale consiglio vorreste dare alle famiglie nella stessa vostra condizione, che magari non hanno il coraggio di iscrivere il proprio figlio ad associazioni sportive?
Il signor Carlo ha preso la parola per primo, sostenendo: “Un genitore deve capire che deve accompagnare il proprio figlio e sapere qual è l’obiettivo che vuole raggiungere a breve e lungo termine. È un errore pensare che un’associazione o la scuola faccia tutto il lavoro. Bisogna imparare a conoscere il proprio figlio, sapere cosa gli può essere utile, e poi cominciare insieme. Non bisogna avere paura, bisogna spingere il ragazzo, ma anche i genitori, a mettersi in gioco. Fare attività col proprio figlio aiuta anche a capire meglio come gestire delle situazione problematiche. Lo sport è un aiuto a tutto tondo. Crearsi uno spazio da sfruttare a livello sportivo, oltre ad essere un’attività inclusiva, permette anche di staccare la spina e lasciar perdere momentaneamente la disabilità per concentrarsi sulle attività di gruppo”.

“Non si può generalizzare, ma un consiglio che voglio dare è quello di provare un passo alla volta, anche nei casi più gravi. Stefano all’inizio non vuole mai fare qualcosa di nuovo, ma piano piano, con pochi minuti alla volta, alla fine lo accetta entusiasta” ha poi proseguito la signora Maria. “Un altro consiglio è quello di provare più di uno sport, invece che fermarsi alla prima esperienza negativa” ha poi concluso il marito.
Per capire meglio anche l’aspetto pratico legato all’organizzazione di lezioni inclusive, nel prossimo articolo parleremo con il Maestro Massimiliano Andreani della Shorei Shobukan di Legnano, che ci ha spiegato ogni aspetto da curare per far sì che i ragazzi con difficoltà si sentano parte del gruppo sportivo.