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La Psicologa: “Attenzione a non subire passivamente l’informazione sul Covid” “

19 agosto 2020 | 11:13
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La Psicologa: “Attenzione a non subire passivamente l’informazione sul Covid” “

Sono pochi coloro i quali si prendono la briga di cercare le informazioni anche su altri canali di comunicazione, selezionando quelle più attendibili

BUSTO ARSIZIOAnche questi mesi estivi sono stati segnati dalla pandemia e dalle questioni legate alla sua gestione.

Si parla di contagi che salgono, nuovi focolai, riapertura delle scuole, untori incriminati tra i turisti – soprattutto giovani – che fanno ritorno dall’estero e tra gli immigrati che giungono in Italia clandestinamente: difficile rimettere ordine e dare un senso compiuto a tutte le informazioni da cui siamo bombardati.

Tuttavia non è solo l’accozzaglia di queste notizie a preoccuparmi. Ci sono altre caratteristiche a cui secondo me è importante prestare attenzione.

Prima di tutto, una massificazione dei mezzi di informazione nel seguire una linea che sceglie di esaltare le notizie che parlano di nuovi contagi anziché restituire il quadro più realistico e rassicurante di un’emergenza sanitaria in questo momento sotto controllo, con reparti di terapia intensiva vuoti (rispetto ai pazienti Covid) e la maggior parte dei soggetti cosiddetti “positivi” tenuti in cura presso il proprio domicilio – condizione suffragata dagli stessi dati della protezione civile italiana e dell’OMS.

Questo tipo di informazione insiste nel proporre una visione catastrofica dell’andamento della pandemia e verrebbe seriamente da chiedersi se i danni all’economia siano una sua conseguenza primaria o piuttosto il riflesso di questa “politica della comunicazione”.

Il cittadino medio, infatti, accende la televisione e ascolta telegiornali e servizi in Tv che sciorinano ogni giorno notizie di nuovi contagi e ricoveri, formandosi così l’idea che qualcosa di terribile potrebbe abbattersi anche su di lui e generando una sensazione di insicurezza e talvolta di panico vero e proprio.

Sono pochi, infatti, coloro i quali si prendono la briga di cercare le informazioni anche su altri canali di comunicazione, selezionando quelle più attendibili e confrontandole con le altre offerte in Tv.

La maggior parte delle persone è pigra e preferisce fruire passivamente dei dati che gli vengono restituiti facendo un gesto semplice e automatico come quello di accendere il video ed essere spettatore.

Verrebbe da chiedersi per quali motivi la stampa e i media italiani abbiano deciso di seguire la linea che in molti oramai hanno ribattezzato “del terrore”, creando panico e paura di morire tra le persone, portando i soggetti più fragili ad ammalarsi e manifestare patologie psichiche importanti oppure ad aggravare o riaccendere condizioni pregresse.

Sarebbe importante spendere una riflessione sui costi economici e sociali di una scelta di questo tipo: non si morirà di Covid-19, ma sono tante le condizioni gravi che richiedono interventi e cure da parte dello Stato verso i suoi cittadini. E’ la linea giusta?

Il secondo aspetto, che mi preoccupa ancora più del primo e fortemente, è la diffusione di notizie false su ricoveri e nuovi casi positivi tra i giovani da parte addirittura di personaggi politici, dati che nella realtà al momento non hanno ricevuto alcun riscontro presso i bollettini medici degli ospedali interessati e da parte delle altre autorità competenti.

Se nel primo caso, infatti, si potrebbe ancora parlare di “mercato dell’informazione” e di interesse della massa a leggere notizie che parlano di cataclismi e sciagure rispetto a quelle che raccontano di quanto l’italiano medio sia felice e sereno, nel secondo caso siamo di fronte ad un indiscutibile tentativo di “manipolazione” dell’informazione.

Fatto a mio parere gravissimo, poiché nella mia mente si accendono subito campanelli di allarme che riportano il pensiero e le sue associazioni ad accadimenti di circa ottant’anni fa.

Ancora più grave se si pensa al fatto che gli ultimi provvedimenti emanati dal Governo e dal Ministro della Salute per contenere la diffusione del contagio sono la diretta conseguenza proprio di tali notizie di ricoveri.

Si tratta di preoccupazioni esagerate?Difficile dirlo in questo momento. A mio modesto parere è importante non innamorarsi di nessuna teoria in particolare, ma di tenere presente tutte (o quasi) le possibilità che possono darsi.

Sarà poi il tempo a permetterci di raccogliere le diverse “evidenze” che si sono presentate mano a mano, stando poi alla nostra capacità di interpretazione restituire loro un senso racchiudendole all’interno di una visione d’insieme, dando così loro una Gestalt (forma).

Tuttavia, in un’ottica analitica mi sembra importante “tenere dentro a questa cornice di riferimento” anche tutti quei pensieri, intuizioni, sensazioni e sentimenti che non sono immediatamente riconducibili a realtà oggettive, ma che comunque esistono dentro di noi, dentro la nostra mente.

La minaccia di morte percepita a causa del virus, la caduta delle nostre certezze, la perdita della sicurezza economica, l’attesa e l’indeterminatezza del nostro domani possono manifestarsi in molti modi dentro di noi.

Il cambiamento improvviso riguarda il nostro inconscio, ma anche l’inconscio collettivo dell’intera umanità e Archetipi finora rimasti nell’ombra, sono stati richiamati alla luce in maniera repentina e violenta, causando un vero e proprio terremoto emotivo e psichico, condizione che ha certamente contribuito a produrre quel famoso fenomeno chiamato “psicosi collettiva”.

In quest’ottica sono molte le persone che hanno visto riattivarsi dentro di sé le immagini dell’Olocausto e delle persecuzioni naziste e questo perché esiste una memoria “sociale e collettiva” che tramanda cultura così come si tramandano il colore degli occhi o quello dei capelli.

Il fatto stesso che sia stato istituito il “giorno della Memoria” è una prova di questo tentativo da parte della comunità mondiale di non dimenticare, ma di imprimere dentro le coscienze di tutti noi ciò che è successo, ravvivandolo ad ogni cerimonia di commemorazione.

Ad oggi non credo siano ancora presenti molti dei tratti che Hannah Arendt definì essere appartenenti ad un regime totalitario, tuttavia quando dentro di noi appare un pensiero in tal senso, dobbiamo accoglierlo con rispetto, contenendolo insieme a tutti gli altri e riservandoci di aspettare e osservare come si svilupperanno gli accadimenti dei prossimi mesi.

E nel mentre che aspettiamo, riflettiamo su un dei tanti pensieri della filosofa ebrea: “Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto oppure il comunista convinto, ma le persone per le quali non c’è più differenza tra realtà e finzione, tra il vero e il falso” (Hannah Arendt)

scarcella

Dott.ssa MARIA RITA SCARCELLA – Psicologa Analista Junghiana
Fondatrice e Responsabile del Centro L’Equilibrio