
Ripercorriamo con la Dott.ssa Maria Rita Scarcella tre eventi che meriterebbero un commento o un approfondimento di carattere psicologico
BUSTO ARSIZIO – Questa settimana è stata piena di eventi che meriterebbero un commento o un approfondimento di carattere psicologico. Li ripercorriamo insieme alla Dott.ssa MariaRita Scarcella, psicologa, che spenderà una parola per ciascuno di essi.
Per iniziare, finalmente è stato pubblicato il Piano scuola 2020-2021. Sebbene fosse tanto atteso, non ha tardato a lasciare l’amaro in bocca a molti, genitori, studenti, insegnanti e non da ultimi i presidi dei vari istituti. Il motivo? In realtà non ha risposto a nessuna delle molte esigenze che il Covid-19 ha messo in luce, senza contare le già tante lacune pregresse che la nostra scuola presentava anche prima di questa pandemia.
Vengono riconfermate le misure di sicurezza anti-covid come distanziamento sociale, classi ridotte, classi miste di età, ingressi e uscite scaglionate, protocollo da attuare in caso di sospetto covid, mentre vengono eluse le risposte a tutte quelle domande riguardanti mascherine sì o no, visiere e divisori in plexiglass, spazi da usare in alternativa alle aule tradizionali, lasciando ai presidi e ai comitati tecnici degli istituti il libero (e pericoloso) arbitrio a riguardo. Risultato? Tutti scontenti, e arrabbiati! Tradotto in parole semplici: nessuno sa come si prospetta questo fantomatico ritorno sui banchi di scuola. Cosa raccontiamo ai nostri figli? Come ci dobbiamo organizzare? Cosa dobbiamo immaginarci? Al momento nessuna risposta.
La settimana, poi, si riscalda con l’intervista su Radio Capital di Michela Murgia allo psichiatra e psicanalista Raffaele Morelli, a proposito di una considerazione che quest’ultimo avrebbe rilasciato sul femminile. La giornalista, non gradendo l’opinione del collega – o forse non comprendendola fino in fondo – avrebbe incalzato Morelli fino a fargli perdere letteralmente le staffe, chiudendo malamente la telefonata in radio. L’accaduto ha suscitato ogni tipo di commento, rispolverando l’atavica questione su che cosa sia il femminile e riesumando ogni tipo di stereotipo sulle donne, trascinandosi dietro con sé le solite polemiche sull’emancipazione femminile, il ruolo sociale della donna e così via.
Partendo dal presupposto che ritengo facile etichettare scorretto il comportamento del collega Morelli, poiché è davvero poco carino non riuscire a spiegarsi a tal punto da rinunciare al confronto e riappendere in faccia il telefono, ritengo altresì che l‘accaduto sia ricondotto a torto ad una questione di genere: sarebbe stato comunque brutto anche se Morelli si fosse comportato in questo modo nei confronti di un giornalista uomo. Ma dato che si stava parlando di “femminile” e l’intervistatrice era donna, ecco che le parole dello psichiatra hanno tradito, secondo l’opinione di molti, un atteggiamento sessista e discriminatorio nei confronti delle donne.
Io non posso certo sapere se sia davvero così, ma ascoltando il video, oltre che a trovare davvero di cattivissimo gusto il modo in cui la Dott.ssa Murgia ha condotto l’intervista nei confronti comunque di un professionista, le parole “Stai zitta e ascolta” non hanno offeso in nessun modo il mio essere donna. Penso che molto probabilmente se Morelli si fosse rivolto ad un uomo, incalzato allo stesso modo, avrebbe detto le medesime parole e comunque: come possiamo essere sicuri del contrario?
Francamente ritengo che la discriminazione tra uomini e donne e il famoso gender-gap sia prima di tutto nella testa di noi donne se ci offendiamo per così poco. Chiediamo di essere trattate come gli uomini, chiediamo la parità e poi gridiamo allo scandalo se qualcuno ci insulta come avrebbe potuto fare con chiunque altro. Non ci sono uomini e donne: ci sono persone. Quanto al femminile, penso che Morelli si stesse riferendo ad un concetto simile a quello di archetipo o di inconscio collettivo, attribuendo le origini del femminile ad un passato talmente lontano da essersi sedimentate e cristallizzate negli inconsci di tutti noi, uomini e donne, come le informazioni scritte nel nostro DNA.
Ed è proprio questa una delle novità e dei punti di forza delle correnti psicoanalitiche: anche i prodotti culturali, se perpetuati nel tempo in modo significativo, e condivisi dalle masse, possono rimanere scolpiti dentro i nostri cervelli, in maniera granitica, alla pari delle informazioni genetiche, di natura biologica. Queste informazioni risuonano nelle menti e nei cuori di tutti noi, che lo vogliamo o no, che le condividiamo o meno, che le troviamo ingiuste o ingiuste. Il lavoro che possiamo fare è quello di operare un continuo confronto tra ciò che è così profondo e i costrutti culturali più moderni e recenti, quelli che abbiamo conquistato grazie all’esperienza di vita, allo studio, all’educazione e ciò che possiamo fare è provare a mercanteggiare con il nostro inconscio e quello della società in cui viviamo nuovi significati, risposte e modi di essere e di vivere.
Per finire, l’omicidio-suicidio di Mario Bressi, di Gessate, un comune vicino Milano. A quanto si è riuscito a comprendere dalle prime ricostruzioni, l’uomo non sarebbe riuscito a superare l’idea di separarsi dalla moglie, a tal punto da soffocare i suoi due figli, gemelli, nel sonno per poi togliersi la vita gettandosi da un ponte. Un gesto che avrebbe lasciato sgomenti tutti i parenti, gli amici e le persone che lo conoscevano, che lo descrivevano come una persona per bene e che mai si sarebbero aspettati una reazione del genere. Il popolo di internet, invece, che non lo conosceva, non ha perso tempo a ricoprire di insulti, di improperi e delle peggiori considerazioni il pover’uomo, dando sfogo a tutta la rabbia e l’aggressività di cui spesso la massa è capace.
Anche in occasione di questa vicenda, ritengo davvero “facile” riconoscere nel comportamento del Sig. Bressi un gesto sconsiderato, profondamente sbagliato e contro natura, dal momento che nessun figlio dovrebbe mai temere di essere ucciso nella notte da chi gli ha dato la vita e dal momento che un genitore dovrebbe fare di tutto per proteggere e amare i propri figli. Detto ciò, è chiaro che in questa triste vicenda qualcosa non ha funzionato. Non conosco la storia nel dettaglio e come me penso non la conosca nessuno di quelli che lo hanno insultato. Ci sono storie che sono semplicemente delle tragedie e meritano il nostro rispetto, che si dovrebbe tradurre prima di tutto in dignitoso silenzio. Questo non significa né giustificare, nè non saper distinguere il bene dal male o avvallare un gesto così disperato. Significa solo essere compassionevoli e umani, partecipando al profondo dolore che questa persona ha lasciato dietro di sé, ai vivi, a chi è rimasto.
Questi tre fatti, queste tre notizie, mi fanno pensare che la cultura psicologica sia ancora troppo poco diffusa e conosciuta. Le informazioni che abbiamo spesso sono “marchettare”, destinate ad un pubblico pagante e perciò disposto ad accogliere solo ciò che gli fa comodo. E noi psicologi spesso ci vendiamo a questo consumismo da banco, sacrificando l’anima più pura (e talvolta scomoda e impopolare) del nostro sapere, del nostro lavoro e di quella che possiamo a buon diritto considerare la sorella minore (non perché meno importante, ma perché più recente) della Filosofia. L’augurio è quello di contribuire a rendere grande e sempre più comune il sapere psicologico che tanto amo.
Dott.ssa MARIA RITA SCARCELLA – Psicologa Analista Junghiana
Fondatrice e Responsabile del Centro L’Equilibrio
